Macbeth

Macbeth – Regno Unito/Francia/Stati Uniti 2015 – di Justin Kurzel

Drammatico/Storico/Guerra – 113′

Scritto da Alessandro Pascale (fonte immagine: wikipedia.org)

Il valoroso guerriero Macbeth, Barone di Glamis, dopo aver ucciso il traditore Macdonwald in una sanguinosa battaglia, decide di uccidere il proprio re di Scozia Duncan per prenderne il posto, dopo essere stato suggestionato dalla profezia di tre donne misteriose. Rifacimento dell’omonima tragedia di Shakespeare.

Dopo l’esordio boom di Snowtown (2011), alla seconda opera Justin Kurzel si propone prepotentemente come uno degli autori più interessanti e promettenti in circolazione. Il suo Macbeth è straordinariamente intenso e godibile, ravvivando la tradizione di una storia che in passato era stata raccontata da mostri sacri come Orson Welles e Roman Polanski. Il confronto con i precedenti però non è fattibile, non tanto per la qualità, quanto per la diversità di approccio: con Orson Welles vigeva il rispetto del teatralismo strutturale alla tragedia di Shakespeare; con Roman Polanski si immergeva la storia in un’atmosfera di classicismo che risentiva dei ritmi e delle tensioni di Rosemary’s Baby. Kurzel offre invece una versione estremamente barocca ed epica, sfruttando con un’intensità mai raggiunta prima ogni battaglia ed ogni campo visivo. La fotografia di Adam Arkapaw (già direttore della fotografia di True Detective) prende il sopravvento, esaltata da una serie di scelte registiche mirate (tra cui l’ampio uso del ralenti). La straodinaria intensità e varietà cromatica si fonde con degli sguardi scenografici mozzafiato, sia che questi riguardino le brughiere della Scozia, sia che si parli degli interni cupi e maestosi del palazzo reale. Ovunque predomina un’espressionismo estremo, che ben ricorda assai da vicino il Valhalla Rising di Nicolas Winding Refn, al cui stile Kurzel sembra molto debitore. Da qui la volontà di intensificare oltre ogni aspetto la rappresentazione della violenza atroce e viscerale che caratterizza non solo l’ascesa verso il potere, ma più in generale le relazioni umane nel loro complesso (e ciò avviene in linea di continuità con il precedente Snowtown). La dimensione epica è particolarmente forte nelle battaglie, ossia all’inizio ed alla fine del film, secondo quella circolarità tipica dell’opera, che vede al proprio centro il lungo travaglio interiore del protagonista, sfociato in una follia assai lucida nella propria razionalità di fondo che pone come obiettivo centrale ed unico il potere assoluto e fine a sé stesso. Su tale tematica Kurzel trasla efficacemente i tormenti e gli orrori di Macbeth nel conquistare e mantenere la propria corona. La narrazione e la descrizione del personaggio, assai moderne nella resa, calcano la “trasformazione” dell’eroe in antieroe con una dinamica squisitamente post-moderna, resa possibile da un’interpretazione magistrale di Michael Fassbender, che si conferma uno degli attori più notevoli della nostra epoca. Al suo fianco l’altrettanto eccellente Marion Cotillard, già premio Oscar come miglior attrice nel 2008 nel film La vie en rose, e qui nei panni della Lady Macbeth che come l’Eva biblica ispira il crimine donandosi agli spiriti maligni. Né è da trascurare il resto del cast, tra cui spiccano Sean Harris e David Wheeler. A voler essere essere severi si può imputare a Kurzel una caduta di ritmo (in parte fisiologica) nella seconda parte dell’opera, prima della nuova esplosione di adrenalina finale. Ma sono sottigliezze, perché questo Macbeth così maestoso merita senz’altro un altissimo elogio.

Voto: 9

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