
Scritto da Antonio Falcone
Già oggetto di un’anteprima alla X Edizione della Festa del Cinema di Roma, è stato presentato oggi, venerdì 22 gennaio, nel corso di una conferenza stampa online, il film Un cielo stellato sopra il Ghetto di Roma, per la regia di Giulio Base, anche autore della sceneggiatura insieme a Israel Cesare Moscati, scomparso nel settembre del 2019 ( la pellicola è dedicata infatti alla sua memoria) e Marco Beretta. Proprio la figura di Moscati è stata più volte ricordata nel corso della presentazione, a partire dalle parole del produttore Sandro Bartolozzi, il quale ha messo in evidenza come il sagace scrittore e sceneggiatore (i documentari I figli della Shoah, 2014; Suona ancora- Il coraggio dei figli e nipoti della Shoah, 2015, entrambi per la regia di Beppe Tufarulo), pur non essendo propriamente un autore, fosse comunque spinto da una grande voglia di raccontare e procedesse al riguardo in virtù di particolari intuizioni. Non scansava mai il confronto, anzi lo ricercava, vedi la creazione di un laboratorio per ragazzi al cui interno si andavano sviluppando inediti progetti, anche nell’ambito cinematografico, riguardo la Memoria, il mettere in atto quanto necessario a non dimenticare quel tragico genocidio perpetrato dall’uomo contro l’uomo e a far sì che non debba mai più ripetersi.
Il tutto sempre legando con un doppio nodo passato e presente, entità quest’ultima nel cui ambito si palesava la necessità di riportare in luce trascorsi storici spesso celati da opportunistici negazionismi e calcolati oblii. Proprio questo stretto legame fra passato e presente rappresenta il fulcro narrativo di Un cielo stellato sotto il cielo di Roma, attraverso il quale Giulio Base visualizza la speranza, affidata alle giovani generazioni, di rendere migliore, più vivibile e concretamente umano, il tempo attuale e quello che verrà, anche per il tramite della rievocazione condivisa di eventi passati, facendo sì che la diversità, d’opinione, di pensiero politico, di credo religioso, di etnia, d’orientamento esistenziale in genere, non costituisca una scriminante né rappresenti un’occasione per sentirsi “più eguale dell’altro”, bensì vada a delinearsi quale possibilità d’incontro e valore aggiunto.
Al riguardo Base, anche nel rispondere ad alcune domande che gli sono state rivolte, ha sostenuto come vi sia stata “la più grande tragedia della storia ma anche la complicità di troppi che hanno fatto finta di non vederla. I ragazzi hanno l’età dei miei figli, e so che loro conoscono la Shoah attraverso i libri di storia ma soprattutto attraverso il cinema, da Schindler’s List a La vita è bella. Credo che abbiano voglia di approfondire. Shoah e cinema hanno avuto periodi alterni. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni ’60 di Kapò ci sono 15 anni di silenzio. Non perché si avesse voglia di negare ma perché prevaleva la voglia di rinascita. La Memoria è un dovere. Lo dobbiamo fare, anche con un sorriso, perché quello che è accaduto non è stata un’inondazione, un terremoto o la pandemia che stiamo vivendo oggi. C’era una colpa, e a colpa si risponde con perdono o pena, ma bisogna fare sì che questo non accada. Perché in questo caso è possibile. A maggior ragione quando poi escono fuori situazioni negazioniste, come ho avuto modo di capire parlando con il rabbino Capo della Comunità di Roma. Sono convinto che alla base del negazionismo ci sia l’ignoranza. Sono convinto che se qualcuno si mettesse a parlare, anche con calma, con gli stupidotti che si tatuano la svastica probabilmente riuscirebbe a farli ragionare”.
E alcuni ragazzi facenti parte del cast, che con le loro interpretazioni rendono il film un’opera attraversata da una benefica aria di naturalezza, nell’intervenire (Francesco Rodrigo, Emma Matilda Liò, Daniele Rampello) hanno proprio insistito sulla conoscenza relativa ad una cultura ed una religione di cui ignoravano molti particolari e sulla possibilità di empatizzare con la Storia, finalmente non più orfana dei suoi scolari, citando e parafrasando le parole di Gramsci. Un cielo stellato sopra il cielo di Roma si avvale di un arguto lavoro di scrittura, insieme ad una regia rigorosa, attenta a circoscrivere con accorte inquadrature luoghi ed interpretazioni attoriali, così da creare, in sinergia con la fotografia (Giuseppe Riccobene alterna con eleganza il bianco e nero dei ricordi al colore del presente) ed il lavoro su scenografie (Walter Caprara) e costumi (Magda Accolti Gil), un suggestivo flusso rievocativo a partire da quel 16 ottobre 1943, giorno in cui ebbe luogo il rastrellamento del Ghetto della Capitale, riportando poi tutto ai giorni nostri in una dimensione di concreta condivisione.
Nel giorno in cui si celebrerà la Giornata della Memoria, martedì 27 febbraio, il film sarà disponibile sulla piattaforma web RaiPlay, che, lo ha ricordato la direttrice Elena Capparelli, ha ormai conquistato una fascia di pubblico più giovanile, quella che solitamente non segue quanto proposto dalle consuete reti generaliste, ovviando anche alla chiusura delle sale cinematografiche causa la nota emergenza sanitaria nel proporre quanto prodotto da Rai Cinema e che appunto non ha trovato la naturale strada della distribuzione, come ha sottolineato l’amministratore delegato Paolo Del Brocco: “Questo per Rai Cinema è un film particolare, fatto con grande amore da parte di tutti quelli che lo hanno realizzato. E’ stato scritto e riscritto più volte. Dovunque sia ora Israel sarà felice di veder realizzato il sogno di questo film. Naturalmente, dopo l’anteprima alla Festa del Cinema ci auguravamo che andasse in sala, ma per fortuna abbiamo RaiPlay, la più importante piattaforma VOD in Italia, con una grande sinergia aziendale per poter distribuire un film dai temi così importanti”. Dopo la disponibilità sulla citata piattaforma web, Un cielo stellato sopra il Ghetto di Roma, patrocinato dalla Comunità Ebraica di Roma, sarà trasmesso da Rai Uno, sabato 6 febbraio, alle ore 22.50.
L’ha ripubblicato su Sunset Boulevard.