
Krótki film o miłości – Polonia 1988 – di Krzysztof Kieslowski
Drammatico/Romantico – 87′
Scritto da Francesco Carabelli (fonte immagine: filmtv.it)
In questo periodo in cui il cinema italiano ci sta proponendo storie di amore tra partner di età differenti (vedi “Scusa ma ti chiamo amore“, “Parlami d’amore“) la memoria va a questo film di K. Kieslowski, versione lunga del sesto episodio di “Decalogo“.
Certo l’autore polacco non aveva come scopo primario quello di focalizzare l’attenzione sulla differenza di età dei protagonisti, quanto sulla solitudine e la difficoltà di provare un sentimento puro di fronte alla banalizzazione dell’amore e alla sua riduzione a puro atto sessuale, o di liberazione sensuale.
Il cinema di Kieslowski è un cinema fortemente morale, che riesce con le immagini a narrarci la vita nella sua realtà senza ricorrere ad artifici o a facili scappatoie negli stereotipi o nel banale.
Per fare ciò Kieslowski ricorre a tutta la sua arte cinematografica, dimostrando una capacità profonda di messa in scena, e abilità nell’esprimere per immagini la condizione fisico-spirituale dei personaggi rappresentati. Preferisce nel far questo, l’ombra, il buio, la luce artificiale e le tonalità cariche. Soprattutto gira un film muto, un film in cui le immagini hanno il sopravvento sulla parola, e dove la componente sonora preponderante è data dalla musica (come i film muti avrebbe potuto essere accompagnato al pianoforte nel corso della sua proiezione).
Kieslowski costruisce un film ispirato a “La finestra sul cortile di Hitchcock“. La storia è quella del diciannovenne Tomek, che osserva con un cannocchiale la dirimpettaia Magda, donna trentenne, la cui vita è intessuta di rapporti occasionali con uomini. L’attività di voyeur di Tomek non è meramente passiva, egli cerca di intervenire nella vita di Magda, di influenzarla e di modificarne il corso, interrompendo talvolta i rapporti che lei ha con gli altri uomini o creando occasioni per poterla incontrare dal vero. Due solitudini, due esistenze che scorrono lungo binari prestabiliti, nel grigiore e nell’abbandono alla routine della vita. La mancanza, il bisogno di felicità, e il contemporaneo arrendersi al male e al pessimismo del mondo, sembrano soffocare la vita di Magda e renderla incapace di credere nella fiducia e nell’amore che Tomek vuole regalarle gratuitamente.
Per quanto bizzarro l’approccio di Tomek a Magda ci dice della speranza e dell’amore che albergano in lui, speranza e amore che l’egoismo di Magda rischia di spegnere.
Ci sorprende il finale della versione lunga del film, distante da quello de Il Decalogo 6, più dolce, più amorevole, più positivo, che ci parla del cambiamento vissuto da Magda e del possibile amore con Tomek.
Questo variare ci dice dell’abilità di Kieslowski nell’intessere vicende polisemiche (mi sovviene qui il bellissimo film dei primi anni ’80, inedito in Italia, “Blind chance“, e le vicende alternative che scaturiscono da una vita singola o il ricordo della volontà di Kieslowski di montare in 12 versioni alternative “La doppia vita di Veronica“).
Il fim di Kieslowski è un film sulla compassione, sull’agape cristiana, nella pur atea e comunista società polacca di prima della caduta del muro. Ma il situare la vicenda storicamente non toglie il valore universale delle situazioni narrate, anzi le rende reali e più vere come solo l’opera d’arte capace di far convivere l’universale nel particolare.
Voto: 8
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