Les parapluies de Cherbourg

Les parapluies de Cherbourg – Francia/Germania Ovest 1964 – di Jacques Demy

Drammatico/Musical/Romantico – 91′

Scritto da Francesco Carabelli (fonte immagine: mymovies.it)

Erano anni che desideravo conoscere da vicino la cinematografia di Jacques Demy. Avevo visto anni fa un film che ne raccontava la storia, in particolare gli anni della fanciullezza. Un film di quelli che passano solo sui canali tematici via satellite. Era l’omaggio di sua moglie, l’altrettanto famosa e combattiva Agnes Varda, di cui tanto si è scritto e tanto si è discusso sul fatto se nei suoi film si potesse rintracciare uno dei primi esempi di nuovo cinema francese, di nouvelle vague, di un modo di fare cinema che sovvertisse i canoni tradizionali.

Mi ricordavo di aver visto da piccolo un capolavoro di Jacques Demy, quella Storia di pelle d’asino (o almeno credo che si intitoli così in italiano), che vede come protagonista Catherine Deneuve. Sicuramente mi aveva colpito la storia raccontata: buia, quelle storie che incutono timore ai bambini per farli crescere, per spingerli ad assumere un afflato morale nella loro vita.
Pochi ricordi confusi, ma che ora si vivificano dopo aver avuto l’occasione di guardare “Les parapluies de Cherbourg“.

E’ un film che sembra molto convenzionale, nell’impianto, nella storia, nella cartaterizzazione dei personaggi, ma quello che ti colpisce è la maestria con cui l’autore muove tutto il meccanismo del film. Tutto funziona perfettamente e tutto è studiato nei minimi dettagli: dalle inquadrature, al colore, alla luce, alla colonna sonora, alla recitazione che pur nella sua spontaneità è studiata e mai banale.
E allora mi ricordo della storia di Jacques, dell’infanzia passata in una soffitta a riprendere i personaggi dei suoi primi cortometraggi, i suoi giocattoli, sfruttando la tecnica del passo uno, un fotogramma uno spostamento e così fino alla realizzazione di un piccolo capolavoro.

Il film è diviso in tre parti corrispondenti allo sviluppo della storia della relazione tra due giovani, Guy, interpretato da Nino Castelnuovo, giovane ventenne che lavora come meccanico in un’officina di riparazioni automobilistiche e Genevieve, interpretata da un’adolescente, ma già incisiva, Catherine Deneuve. Ella nella finzione ha 17 anni e gestisce con la madre un negozio di ombrelli (di qui il titolo del film).
La storia è quella dell’amore di questi due giovani, della loro frequentazione, osteggiata dalla madre di lei, che la ritiene ancora immatura: uscite a teatro, nei saloni di ballo, mano nella mano per le vie del borgo di Cherbourg, baci, carezze, insomma tutto quanto è bello nell’età dell’adolescenza e della prima giovinezza.
Ma….il bel sogno viene infranto dalla dura realtà. La situazione di conflitto che persiste in Algeria (il film è ambientato negli anni dalll’inverno del ’57 alla primavera del ’59) coinvolge la storia di questi due giovani. Guy è chiamato alle armi e dovrà svolgere il servizio militare proprio sul suolo africano.
Struggente la scena in cui Guy comunica a Genevieve la sua imminente dipartita:Genevieve sarebbe disposta a tutto pur di non farlo partire, financo a nasconderlo a casa sua.
La realtà però fa il suo corso e così i due, giurandosi amore eterno si salutano, ma prima che ciò avvenga Guy regala sè stesso a Genevieve, affinchè lei possa portare qualcosa di lui in sè stessa pur nella lontananza. E così Genevieve rimane incinta e forte di questo dono cerca di affrontare la quotidianità.
Due anni sono lunghi, Guy non scrive quasi mai, anche se, quando lo fà, riesce ad avvincere il cuore dell’amata, ma Genevieve, sotto la spinta della madre, prende al volo un’occasione che il destino le porge e decide di sposare un ricco commerciante di diamanti che in un’occasione ha salvato le due donne in difficoltà finanziaria. Non è un matrimonio di convenienza, Il commerciante è un vero galantuomo e dichiara le sue buone intenzioni e il suo amore a Genevieve. Così la seconda parte del film si chiude con il matrimonio dei due e l’allontanamento da Cherbourg.
La terza parte è il ritorno di Guy dall’Africa. Guy si deve scontrare con la realtà dei fatti, è un uomo cambiato, la vita dura sotto l’esercito gli ha insegnato cosa è il mondo e il suo ritorno gli mostra quanto il mondo sia duro anche in patria. Guy cerca di reinserirsi nella società, ma non ci riesce, ormai sentendosi abbandonato da Genevieve. Anche sua zia, colei che lo ha allevato, malata da tempo, muore e Guy è sul baratro della disperazione e dell’imbarbarimento.
Solo un legame resta con il suo mondo, il mondo della gioventù e degli ideali (a proposito molto filosofiche le considerazioni della madre di Genevieve sul conflitto tra ideale e realtà): una giovane donna, Madeleine che è sempre stata vicina alla zia di Guy e l’ha aiutata durante l’assenza del giovane è la sua ancora di salvezza.
Rassegnata a dover amare segretamente Guy, innamorato di un’altra, trova nella dedizione a Guy, nell’essergli accanto nel momento della sofferenza, piena espressione del suo amore e alla fine quel riconoscimento che tanto aveva desiderato. Incredula o piuttosto credendo che Guy agisca per convenienza o disperazione, ma questo amore che nasce così si rinsalda nel tempo e i due, ormai affiatati diventano marito e moglie e, realizzando il sogno di Guy, aprono un distributore di benzina.
Sarà qui che nel 1963 Guy reincontrerà Genevieve, per la prima volta tornata a Cherbourg, ma ormai saldo nel suo amore per Madeleine, rifiuterà persino di conoscere la figlia nata dall’amore con Genevieve.

Dicevo dellla raffinatezza stilistica di Demy: i movimenti di macchina, il colore, la luce cambiano da una sezione all’altra del film e rispecchiano il cambiamento che avviene nella vita dei protagonisti.
Ma sopra tutto l’inquadratura iniziale vale tutto il film e fa il verso ai musical anni ’50 americani.
Di fatti il film anche se non si può definire a tutti gli effetti un musical è un film che è in qualche modo contaminato da questo genere, anche considerando il fatto che gli attori non recitano normalmente ma cantano le loro battute.

Voto: 9

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