Racconto di Francesco Carabelli (foto dell’autore, salvo ove diversamente segnalato)
Era bello viaggiare insieme a te!
Ti conoscevo da poco, ma subito mi avevi ispirato fiducia. Il tuo apparire dimessa, la tua semplicità, quegli occhi vividi color del cielo che si spalancavano sul mondo, sul tuo mondo, di cui anche io, per un breve lasso di tempo sono stato parte.
Eri nel pieno dell´adolescenza; io avevo qualche anno in più, ma per te quel breve volgere di anni che ci divideva era un eternità. Non riuscivi a concepire, come io, universitario, potessi provare interesse per te, una liceale. Avevi rispetto e paura, paura che succedesse qualcosa che ci avrebbe bloccato per sempre.
Era bello vederti con noi il sabato sera o anche in settimana, quando capitava; girare per locali, ove di solito la musica era una costante che accompagnava le nostre serate e la tua vita, qualcosa a cui non potevi rinunciare perché faceva parte di te.
(fonte immagine: sempionenews.it)
Mi ero approcciato a conoscerti, poco per volta, dato che spesso te ne restavi in disparte, attendendo che qualcuno di coinvolgesse, che ti rendesse parte e partecipe di quel mondo di amici che si conoscevano da una vita e per i quali non c’erano convenevoli.
Recitavi la parte della timida, della riservata, che però a suo modo aveva già vissuto delle esperienze, aveva viaggiato, aveva un suo background familiare e aveva le sue convinzioni che all’epoca non dico fossero originali, ma erano sicuramente particolari, a loro modo singolari.
Non volevo perdere un´occasione per stare dove eri tu. A volte ti accorgevi di me, ti avvicinavi, mi parlavi, mi facevi notare quel taglio particolare di capelli, quel colore rosso che avevi dato alla capigliatura di cui io avevo appositamente finto di non essermi accorto, affinché tu così potessi parlare, avessi un argomento di conversazione.
Volevo farti impazzire, volevo essere presente nella tua vita. Non mancava occasione in cui io, già patentato, ti caricavo in macchina assieme agli altri amici e ti portavo per locali, per feste, per luoghi di divertimento e tu non mancavi di farti più grande, raccontandomi che eri stata al Leoncavallo, avevi assistito ai concerti che contavano, mentre io continuavo il ménage casa, università, amici, pendolare come tanti da Milano, su e giù tutti giorni, pur essendo ormai fuori corso.
Mi ricordo una Pasquetta, forse era il 2002, non ricordo di preciso. Avevamo organizzato una grigliata al lago. All’epoca eravamo veramente tanti, tanti giovani, tante leve in procinto di passare, presto o tardi, dalla spensieratezza della gioventù al mondo dell´impegno lavorativo.
Era la prima volta in due anni che ti conoscevo che eravamo rimasti soli sulla mia auto. Tu a fianco mio. Sentivo la responsabilità della guida e sentivo la tua preoccupazione: temevi forse che ne approfittassi, che magari prendessi una via diversa e me ne andassi con te, lontano da quel gruppo di cui eravamo parte e che in qualche modo ci legava. Sentivo il tuo imbarazzo, ma eri sempre gentile, sempre attenta, forse troppo. Io già all’epoca dubitavo, avendo vissuto bruttissimi momenti, probabilmente erano solo dei timori sfociati in paranoie; non saprò mai quale fosse la verità, anche se la intuivo. Ero geloso, quella gelosia che uccide i rapporti, che li porta verso un cul de sac a cui non c´è rimedio se non un lungo addio.
Eppure quel giorno era un giorno di festa, non volevo rovinarlo, non volevo pensassi male di me come uomo e come amico. Avevo continuato a vivere pur nella sofferenza a e nell´incapacità di capire cosa passasse veramente nei tuoi pensieri, quali fossero le tue vere emozioni, non falsate dalla pura cortesia.
Tutto era andato bene, ci eravamo divertiti, avevamo continuato la grigliata anche in serata quando tutti se ne erano andati e avevamo anche fatto il bagno nonostante fosse inizio aprile. Ho un ricordo distinto di te di quel giorno: non avevi ancora 18 anni, ma eri già chi volevi essere, lottavi per farti riconoscere, a differenza mia, che nascondevo con fatica i miei sentimenti e mi ero perso, incapace di prendere seriamente il giogo della vita.
Poi a poco a poco ci siamo persi di vista, le mie insistenze, il nascere in te di nuovi interessi e nuove conoscenze ci hanno allontanati.
Ti ho rivisto quasi 15 anni dopo, ma ancora ho sentito qualcosa per te, un ricordo vivo di quello che eri che vive ancora in te, nonostante le esperienze e gli studi che ti hanno formato. Sei indubbiamente rimasta te stessa. Non hai dimenticato da dove vieni e chi veramente sei. Potrei parlare per delle ore di te, senza stancarmi, pur nella consapevolezza di averti ferito e che nulla potrà cambiare la mia vita che porta nella carne i segni del tuo passaggio.
Forse era solo un sogno ma mi è parso di vederti, un giorno, nella grande città, dove curavo il mio malessere; passavi di li per caso o forse era solo qualcuno che ti assomigliava, quasi che Dio avesse voluto parlarmi attraverso qualcuno che simbolizasse la tua presenza, come se tu fossi presente in qualche modo per vedere, per capire, per superare e perdonare.
Rimarrai per sempre quel ricordo sfocato di gioventù e bellezza depositato nella mia anima, nonostante il dolore del superamento e della lontananza.
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