Evolution

Evolution – Germania/Ungheria 2021 – di Kornél Mundruczó

Drammatico – 97′

Scritto da Enrico Cehovin (fonte immagine: cineuropa.org)

“Cannes Première” è una nuova sezione del festival di Cannes che permette ad artisti affermati di proporre il loro nuovo lavoro in maniera non competitiva e più informale. È il caso di Evolution, il nuovo film di Kornél Mundruczó, oggetto filmico peculiare, non immediato da inquadrare.

Evolution è diviso in 3 episodi.

Nel primo episodio un gruppo di soldati si dedica a pulire una camera della morte in un campo di sterminio durante la Seconda Guerra Mondiale. A rompere il silenzio della loro macabra operazione, saranno le urla di una bambina.

Nel secondo ritroviamo quella bambina, ormai anziana, intenta a raccontare la sua storia alla nipote.

Nel terzo, ambientato ai giorni nostri in Germania, un ragazzo tedesco di religione ebraica e una ragazza di religione islamica hanno l’occasione di conoscersi la mattina che nel loro istituto scolastico è scoppiato un incendio.

Ad ognuno dei 3 episodi corrisponde un pianosequenza. Il pianosequenza è un elemento stilistico non nuovo al regista che ne aveva già dato sfoggio nella sequenza iniziale del suo film precedente, Pieces of a Woman, per racchiudere in un unico gesto la lunga sequenza – quasi mezz’ora – di travaglio e parto. Qui, quel gesto, subisce un’evoluzione. I 3 pianisequenza compongo infatti 3 segmenti di un unico movimento, un flusso evolutivo continuo che, secondo il regista porta verso la speranza (racchiusa nel finale di un bacio tra ragazzi di religione ed estrazioni sociali differenti).

Anche i simboli occupano un ruolo preponderante in Evolution, il più evidente dei quali è l’acqua. Presente nella scena iniziale, usata dai soldati che la cospargono con delle bottiglie e la utilizzano copiosamente per pulire lo squallido ambiente mortifero, diventa una vera e propria cascata alla fine del secondo episodio, che rappresenta ancora una volta il flusso (evolutivo) che instrada l’umanità verso un miglioramento comportamentale.

Mundruczó in una sola ora e mezza riesce a colmare ottant’anni di storia, partendo dall’orrore – anche come genere cinematografico – di un campo di sterminio e arrivando al romanticismo di un appassionato bacio infantile, inconfonibile segno di fusione, mescolamento, e soprattutto speranza. Il ragionamento del regista ungherese sarà forse puerile nel trascurare troppe atrocità del presente e focalizzando la sua attenzione solo su una porzione della Storia; dall’altra quella che opera è una scelta, la scelta di raccontare una porzione di mondo che ha saputo migliorarsi nell’abbattere gradualmente e costantemente i pregiudizi legati alla disciminazione razziale e religiosa, proponendo quindi una possibilità, una linea evolutiva concreta atta al migliorare, evidenziandola come esempio da seguire.

 

Voto: 7

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