
Popran- Giappone 2022 – di Shin’ichirô Ueda
Commedia – 96’
Scritto da Messua Mazzetto
Popran, che parola strana … anche perché quello che andrà a descrivere all’interno del film è qualcosa di veramente particolare. Tagami Tatsuya (interpretato da Minagawa Yōji) è un imprenditore di successo, per arrivare dove è giunto ovvero alla carriera dell’uomo d’affari ha dovuto abbandonare diverse cose; la famiglia di origine, una famiglia che si era costruito con moglie e figlia e il suo vecchio socio tradendolo.
Tagami ha tutto ora: è ricco, ha successo a lavoro e con le donne.
Una mattina però dopo un sogno angosciante dove rivede ciò che ha accantonato della sua vita si sveglia senza il suo attributo maschile. Cosa fare?
Tagami dopo varie ricerche arriva a scoprire cosa è successo a lui e ad altri (hanno tutti il denominatore in comune di aver deluso delle persone care), il loro “Popran”, così viene chiamato il loro organo genitale nel film, si è staccato da loro e ha letteralmente preso il volo per tornare da solo alle origini, ovvero nei luoghi dove loro hanno abbandonato le persone care.
Vi è però un dettaglio temporale, il Popran può sopravvivere staccato dal corpo umano per sei giorni, dopodiché muore e allora la persona resterà per sempre incompleta.
Tagami intraprende allora un viaggio che lo riporterà dalle persone che aveva lasciato indietro per ritornare integro fisicamente ed anche spiritualmente.
Un film che fa sorridere, per l’idea punitiva che viene imposta al protagonista sopratutto.
Un film però che fa anche molto riflettere, sul prezzo del successo a costo di sacrificare le nostre relazioni con gli altri e con la nostra famiglia e i nostri cari
Un dettaglio interessante è di come il Popran venga sempre evocato e nominato, ma mai mostrato esplicitamente rendendolo solo evocato e senza scadere nel volgare, non vediamo mai scene di questi genitali che girano da soli, ma ne percepiamo la presenza; diventano come dei richiami per i loro proprietari, che vengono in questo modo “costretti” a correre alla loro ricerca.
Una regia dinamica quella di Ueda Shin’ichirō che ritorna dietro la camera da presa e dopo il successo di One Cut of the Dead (2017) ci regala una nuova perla in grado di farci sorridere per l’assurdità della situazione che ci viene proposta ma anche farci riflettere sul come le nostre relazioni possano fare la differenza per ottenere la nostra felicità e completezza come persone.
Voto : 8
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