
Close – Belgio/Paesi Bassi/Francia 2022 – di Lukas Dhont
Drammatico – 105′
Scritto da Enrico Cehovin
Remi e Leo sono molto più che due compagni di classe: sono compagni di hockey, sono migliori amici, sono inseparabili. Tacciati di “stare insieme” dai compagni di classe però, il loro stretto rapporto subisce una frattura che porta Remi e Leo ad un allontanamento. Un tragico e inaspettato evento porterà Leo a cercare di capire cosa sia successo.
Dopo Girl, promettente e applauditissima opera prima meritatamente insignita della Camera d’or a Cannes nel 2018, Lukas Dhont torna a parlare di temi adolescenziali e mette nuovamente in scena una natura borderline dei suoi protagonisti, in piena definizione del loro orientamento sessuale e si dimostra ancora una volta abilissimo nel catturarne le sottili e sfuggevoli sfumature comportamentali, splendide da scoprire e squisitamente restie nel farsi etichettare.
Close gioca sull’ambivalenza del suo titolo da intendere sia come “vicino”, in riferimento allo stretto rapporto sia a livello sentimentale che fisico che sviluppano Remi e Leo nella prima parte del film, sia come “chiuso”, riferito invece al sistema di difesa che sviluppa Leo nei confronti del mondo alla scomparsa dell’amico chiudendosi in se stesso nella seconda parte.
Il talento del giovane regista belga è innegabile: Dhont sa dirigere magnificamente i suoi attori e, soprattutto nella prima parte del film, raggiunge un’intimità toccante tra i suoi personaggi; fa però un uso molto convenzionale di elementi stilistici che sconfinano spesso nella maniera, calca la mano sulla colonna sonora, satura di violini fino allo stucchevole, si avvale di un uso degli ambienti molto convenzionale – come la liberatoria corsa nel campo fiorito o il ritorno a casa sotto la pioggia battente – e poggia buona parte della caratterizzazione del suo protagonista, Leo, su metafore molto esposte, come la corazza da hockey che indossa, specchio della corazza metaforica che deve indossare per difendere la sua fragilità, o l’insistere sulle sue ripetute cadute coi pattini da ghiaccio, specchio della sua instabilità. La sensazione del film confezionato per il festival (di Cannes) e per il pubblico che si autoproclama d’essai imbeve tutto.
Voto: 6
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