
Racconto di Francesco Carabelli
E’ bello incontrarsi così nella preghiera.
E’ stata una sorpresa: dopo molto tempo ti ho pensata mentre ero in chiesa e accendevo una candela davanti alla Madonna del Carmine e qualche ora dopo tu ti sei fatta sentire dopo che non ci parlavamo più da due anni.
E’ stato bello conoscere le novità della tua vita, ritornare a quella nostra amicizia che è vissuta di lunghi dialoghi notturni un po’ in francese e un po’ in italiano, tornare a confidarsi pur nel nostro non conoscersi: i nostri discorsi toccavano l’essenza delle nostre vite, quando il mondo ci rifiutava e ci faceva soffrire.
Ora ti trovo finalmente felice, realizzata con la possibilità di una vita nuova in cui recuperare i rapporti con i tuoi cari con una nuova consapevolezza.
E ancora domenica ti ho pensata mentre ero in montagna e visitavo una chiesa e poche ore dopo mi hai scritto, quasi che il nostro dialogo continui grazie ad un intermediario nascosto, ma profondamente presente nelle nostre vite, che le guida nonostante le difficoltà e le fatiche verso un destino che non conosciamo, ma che ci dà speranza e ci accompagna nelle nostre giornate e nelle nostre sofferenze, dandoci fiducia nel futuro.
E’ forse la speranza la chiave dell’esistere, come Eugenio Borgna ha ben scritto in un suo recente libro. La speranza cura il male di vivere e dobbiamo ringraziare chi ci dà speranza ascoltandoci ed è immagine di un bene più grande di cui noi possiamo partecipare, se non ci facciamo sopraffare dall’angoscia e dalla routine.
La speranza apre ad un rinnovamento, apre nuovi orizzonti, perché non è solo un aspettare ma un essere certi che qualcosa domani cambierà e ci renderà altri attraverso un cambiamento interiore.
E allora godiamo della felicità di questi giorni, dell’esserci ritrovati, dell’essere ancora in contatto, nonostante la lontananza e la diversa lingua e cultura, dell’essere consapevoli di essere riusciti ad andare oltre ciò che ci sembrava insormontabile, perché qualcuno ci ha porto una mano e siamo riusciti a superare quel malessere che ci condizionava e ci rendeva infelici.
Un filo ci lega, invisibile, ma di buona fibra, un filo che ci fa sentire amici e fratelli nonostante le differenze e le diversità, nonostante le scelte sofferte e le delusioni.
Hai significato tanto per me e ancora c’è spazio per te nel mio cuore, comunque andrà, qualunque cosa succederà.
Ti aspetto, torna a bussare alla mia porta quando vuoi..
Con amicizia e riconoscenza,
Francesco
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