Scritto da Francesco Carabelli
Sabato 15 ottobre 2022, è stato un giorno importante per la famiglia Zordan di Caidate. Aiutati dai loro amici Rino Fasan e Bruno Turri, i signori Zordan hanno vendemmiato nella loro piccola vigna a gestione famigliare. E’ stata l’occasione per rincontrarli e parlare delle tecniche di coltivazione della vite e delle conseguenti tecniche di pigiatura e fermentazione del mosto.
Nel nostro precedente articolo, pubblicato nel mese di luglio, avevamo messo in evidenza la tradizione agricola di Caidate, legata soprattutto alla coltivazione di cereali in terreni, una volta, afferenti al castello.
Camminando tra Brunello e Caidate
I signori Zordan con i loro amici mi avevano già allora raccontato della tradizione di coltivare anche la vite, tradizione che era perdurata anche dopo la fine dell’800, quando le vigne erano state colpite dalla fillossera ed era stato necessario introdurre varietà di oltreoceano per risolvere il problema.
Anche oggi le piante portainnesto, sulle quali vengono innestate varietà europee come il Merlot o il Nebbiolo (quest’ultimo coltivato dai signori Zordan nella loro piccola vigna e dal signor Bruno Turri in un vitigno più piccolo), sono di origine americana, perché sussiste il problema della fillossera, che colpisce le radici delle varietà europee, non permettendo l’utilizzo di piante autoctone da coltivare direttamente senza il portainnesto.
La varietà Nebbiolo, coltivata a Caidate, ha un tempo di maturazione più lungo rispetto ad altre varietà di vitigni che si coltivano normalmente in Italia. Germoglia infatti ad inizio aprile e la vendemmia è attorno al 20-25 ottobre, anche se quest’anno le condizioni climatiche favorevoli hanno permesso di vendemmiare con dieci giorni circa di anticipo.
Altre uve come il Merlot, diffuso ad esempio in Canton Ticino, hanno tempi di maturazione più breve con germogliazione a metà aprile e vendemmia attorno al 20 settembre.
Tempi di maturazione ancora più breve per altre varietà da cui si ricavano spumanti. In questo caso la raccolta avviene già ad agosto.
La decisione di vendemmiare a Caidate in questi giorni di metà ottobre è legata ad una misurazione dei gradi zuccherini dell’uva attraverso l’uso di un rifrattometro, che utilizzando diverse scale, come la Babo e la Brix, permette di prevedere il contenuto finale di alcool del vino, sulla base della percentuale di zuccheri nell’uva raccolta.
Bisogna aspettare che la percentuale di zuccheri sia ottimale per avere, ad esempio, un risultato finale con vino a gradazione di 14 gradi circa. Ciò dipende appunto dalla maturazione dell’uva e di conseguenza dalle condizioni meteo del periodo estivo in cui appunto l’uva è soggetta all’invaiatura (inizio della maturazione).
Un lavoro lungo quello sulla vite, che parte già in inverno con la potatura. I signori Zordan applicano una potatura col metodo guyot, che permette di eliminare i tralci che hanno fruttificato in passato e dare spazio a nuovi tralci per il presente e per il futuro, garantendo quindi il risultato finale di un abbondante raccolto.
Oltre alla potatura è necessario poi trattare le piante con delle sostanze chimiche, che le preservino da malattie come la peronospera o l’oidio, malattie fungine, che attaccano le foglie e i tralci della vite, non permettendo la crescita dell’uva. In passato venivano usate altre sostanze come il verderame, che sono tuttavia efficaci, ma portano con sé il problema del deposito nel terreno di metalli, che a lungo andare sono nocivi per le piante stesse.
I nuovi preparati chimici invece sono maggiormente biodegradabili e meno pericolosi a lungo termine per la vite.
Arrivata a maturazione (l’acino inizia a colorarsi più o meno a fine luglio per essere raccolto, come dicevamo, ad ottobre), l’uva viene raccolta, in questo caso a mano, e poi, tramite una tramoggia, viene messa in una macchina che la pigia e ne divide i graspi dagli acini.
Gli acini pigiati vengono raccolti in un ampio contenitore, dove inizia il vero procedimento che dà vita al vino tramite fermentazione.
La parte di succo limpido, tende ad andare nella parte inferiore del contenitore, mentre in superficie risale la buccia. È quindi necessario rimescolare il contenuto del contenitore per far sì che la buccia dell’acino si mescoli col succo e rilasci le sue sostanze organiche, che permettono di colorare e dare appunto sapore al succo. Questo procedimento viene effettuato regolarmente e, successivamente, dopo circa 8/10 giorni, viene divisa la parte liquida, ossia il mosto, da ciò che rimane delle bucce degli acini.
Da un rubinetto viene infatti spillato il mosto che ha assunto un certo colore e aroma, pur mantenendo una certa limpidità. Il mosto così ottenuto viene messo all’interno di fusti di acciaio o di vetroresina e fatto fermentare grazie all’uso di lieviti appositi per il vino.
Viene poi, con una certa tempistica, di solito dopo due giorni, dopo una settimana e dopo un mese (e ancora successivamente, se necessario) travasato da un fusto in altri fusti.
Nel frattempo, il mosto rilascia anidride carbonica e lo zucchero del succo si trasforma in alcool, dando vita lentamente al vino, che appunto si differenzia dal mosto iniziale per il suo contenuto alcolico. La quantità di anidride carbonica rilasciata è molto elevata, quindi bisogna stare attenti in questa fase per evitare una saturazione dell’aria dell’ambiente in cui abbiamo messo i fusti di vino a fermentare.
Solo, quindi, dopo vari travasi e la perdita di alcuni litri di prodotto per evaporazione e come risultato dei travasi stessi, avremo il risultato finale pronto per essere imbottigliato.
La maturazione in bottiglia durerà ancora un anno e mezzo o due per avere del buon vino con la gradazione desiderata.
Diverse sono le tecniche di vinificazione, ad esempio si può anche vinificare in bianco dell’uva rossa, non rimestando, durante la pigiatura, la parte delle bucce degli acini con il succo degli stessi, ma dividendo subito i due componenti.
Si può anche non pigiare subito l’uva raccolta, ma farla appassire in tralci staccati dalla vite, e ricavarne del vino maggiormente alcolico, detto passito.
In Veneto invece, ad esempio, si selezionano alcune parti del grappolo, dalle quali si può ricavare un vino maggiormente pregiato, come il famoso recioto.
A Sumirago, di cui la frazione di Caidate fa parte, sono attive diverse famiglie nella coltivazione di uva, sia Nebbiolo, che Merlot e Sauvignon.
Una tradizione che continua, nonostante i tempi siano cambiati, ma nuovo interesse è sorto negli ultimi verso questa tradizione antichissima, con il moltiplicarsi di piccoli appezzamenti dedicati a queste coltivazioni.
Porto, ad esempio, il fatto che a Jerago (paese in cui vivo), per le Sante messe si usava, fino a qualche anno fa, il vino di Caidate.
Magari in futuro questa tradizione troverà ulteriore slancio e nuove famiglie si getteranno in questa coltivazione, ridando lustro al paese di Caidate come paese vitivinicolo.
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