Dans le lit du Rhône

Dans le lit du Rhône – Svizzera 2017 – di Mélanie Pitteloud

Documentario – 88′

Scritto da Francesco Carabelli

Curioso della regione del Vallese, al di là del Passo del Sempione, mi sono approcciato ad essa tramite la lettura di autori che la conoscono per esservi nati, per avervi vissuto stabilmente o per aver passato dei periodi in questo Cantone.

Penso ad esempio a Piero Chiara, che qui rifugiato negli anni della Seconda Guerra Mondiale, prese parte alla Seconda Correzione del letto del Rodano che, come ben ci ricorda la regista di questo documentario Mélanie Pitteloud, si svolse nel periodo tra gli anni ’30 e gli anni ’60 del secolo scorso, dopo che la Prima Correzione ebbe luogo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX.

Tentativo di entrambe le correzioni era quello di incanalare in un corso lineare un fiume come il Rodano, che prima dava luogo a paludi e a molteplici corsi secondari, che impedivano di coltivare stabilmente e con sicurezza il fondo della valle, costringendo gli agricoltori a coltivazioni di montagna poco redditizie. Le paludi erano poi malsane e poco favorevoli alla vita e agli insediamenti presso il corso del fiume.

Se però negli anni ’40 del Novecento il 40% degli abitanti del Vallese erano dediti all’agricoltura, oggi lo sono solo il 5%. Ci sono ampie coltivazioni di mele, albicocche, asparagi e altri ortaggi, oltre ai vigneti, che occupano i vasti campi che l’agricoltura ha guadagnato nel fondo valle, ma oggi questa attività è minacciata dal piano della Terza Correzione, resasi necessaria dopo che in poco meno di quindici anni tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del XXI secolo si ebbero ben tre inondazioni catastrofiche, proprio perché il fiume esondò dagli argini artificiali costruiti dall’uomo per lasciare spazio a case, industrie e campi ad uso agricolo.

Una sempre maggiore urbanizzazione sulle sponde del fiume ha causato con l’avvento di ferrovie, strade e autostrade, una sempre maggiore dimenticanza del ruolo del fiume e della sua importanza naturalistica. L’habitat fluviale ne ha risentito, soprattutto la popolazione ittica. I pesci oggi sopravvivono perché i pescatori li fanno riprodurre artificialmente, dato che sono venuti meno gli originari habitat naturali favorevoli alla riproduzione spontanea, o sono comunque molto diminuiti con la canalizzazione del fiume e il venir meno delle anse naturali di sfogo e dei luoghi paludosi vicini al fiume.

Tentativo della Terza Correzione, iniziata nel 2015 e che avrà una durata prevista di trent’anni (fino al 2045), è quello di ripristinare un corso fluviale più largo, almeno in alcuni tratti del fiume, pur mantenendo le dighe che irreggimentano il corso fluviale e lo rendono più sicuro.

In questi tratti la natura avrà il suo spazio e ciò consentirà la riproduzione naturale dei pesci in habitat più favorevoli.

Il fiume, oggi avente un posto secondario nella geografia del Vallese, dato che non è navigabile con battelli o comunque balneabile (a causa  delle acque molto fredde di origine glaciale e agli argini artificiali scoscesi, poco consoni alla balneazione, oltre che a causa della velocità molto forte dell’acqua che scorre verso il lago Lemano e la conseguente pericolosità, tanto da farne un luogo noto solo per i suicidi) potrà riprendere un posto di primo piano nella vita e nella cultura dei vallesani che potranno venire a fare delle passeggiate a piedi o in bicicletta e che potranno così riscoprire la bellezza di questo corso che porta fino al mare Mediterraneo. Già Petrarca parlava delle acque del Rodano e lo descriveva nelle sue opere dedicate a Laura, come ben ci ricorda Piero Chiara in alcuni sui scritti (vedi ad esempio la raccolta Helvetia Salve! per i tipi delle ticinesi Edizioni Casagrande). Petrarca percorreva infatti questa valle per andare in Provenza passando le Alpi nella zona dell’attuale strada del Passo del Sempione, allora una mulattiera.

Il documentario è incentrato sulle testimonianze di coloro che abitano questa valle e sono interessati da questa Terza Correzione, vuoi perché lavorano ad essa con opere di allargamento dell’alveo del fiume, vuoi perché coltivano le terre vicine al fiume che saranno oggetto di modifica, vuoi perché si dedicano alla pesca della trota e ne facilitano la riproduzione, o perché sono responsabili della pulizia delle dighe che regolano il corso del fiume.

Un ruolo importante hanno poi coloro che studiano l’habitat del fiume, come gli esperti di idrobiologia, che cercano di unire le proprie competenze meramente biologiche con competenze ingegneristiche e con competenze antropologiche.

Il documentario ben strutturato dà spazio ad ogni voce, dandoci un assieme di questa realtà in cambiamento, alla ricerca di un equilibrio tra l’uomo e la natura, pur nella consapevolezza che l’habitat originario del XIX secolo prima delle correzioni apportate al corso del fiume, non potrà essere ripristinato date le mutate condizioni ambientali e l’industrializzazione e la conseguente urbanizzazione di queste terre con il costituirsi di grosse cittadine laddove prima c’erano piccoli borghi contadini.

Belle le immagini finali che ci fanno conoscere le sorgenti del Rodano, nei pressi di ghiacciai alpini, unico tratto rimasto immutato rispetto alle correzioni che si sono succedute negli anni.

Il documentario alterna nella narrazione con voce fuori campo della stessa regista, immagini odierne del corso del fiume e dei lavori di modifica in corso,  con le poche immagini storiche di inizio Novecento messe a disposizione dalla Mediateca vallesana di Martigny.

Un documentario gradevole che può dare uno spunto ai ricercatori e ai politici italiani su come operare per preservare il territorio ed evitare catastrofi future anche in Italia.

Il film è disponibile in dvd con audio misto francese e tedesco e sottotitoli anche in italiano.

Il film è stato presentato in Italia al Festival dei Popoli 2017. 

Voto: 7

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