Monteviasco una scelta di vita

fonte immagine: rsi.ch

Articolo di Francesco Carabelli

Monteviasco una scelta di vita è un documentario di Luigi Baldelli, andato in onda su RSI LA1, primo canale della tv svizzera di lingua italiana, la sera di Pasqua del 2022 all’interno del programma Storie, attualmente condotto dalla giornalista di origine comasca Rachele Bianchi Porro.

A questo link è possibile visionare la puntata intera del programma: 

https://www.rsi.ch/play/tv/storie/video/rasa-e-casa-mia-e-monteviasco-una-scelta-di-vita?urn=urn:rsi:video:15455938

all’interno del quale, nella prima parte è stato presentato, con commento di ospiti in studio, il documentario su Monteviasco.

Monteviasco è un piccolo paese della provincia di Varese sulle montagne dell’alto Verbano (poco distante dalla città di Luino)  paese attualmente raggiungibile solo a piedi per una mulattiera con più di 1500 gradini, dato che nel 2018, un incidente che coinvolse con esito tragico il macchinista della funivia che collegava Monteviasco alla valle, causò la sospensione del servizio stesso e ogni tentativo fino ad oggi fatto per ripristinare il servizio è andato a vuoto, anche se si sta ricercando a livello politico di risolvere il problema.

Ecco quindi che dal 2018 il paese è ancora più isolato, rispetto a prima (la funivia era stata inaugurata alla fine degli anni ’80 del XX secolo). Fortunatamente come ben mette in luce il documentario, si è ripristinata una funicolare che permette di portare a monte il cibo e il materiale occorrente alla vita di tutti i giorni e alle opere di ristrutturazione delle case.

Un gran lavoro lo fanno poi i carabinieri che portano a monte i farmaci e i beni di prima necessità (tra cui il pane), oltre alla posta, camminando con i loro capienti zaini militari una o più volte alla settimana lungo il sentiero che collega il paese alla civiltà.

Altro mezzo di collegamento è l’elicottero che viene affittato dagli abitanti consorziati tra loro per sostenere le spese di 300 euro a volo. L’elicottero permette infatti di trasportare i beni più pesanti e ingombranti, dato che è stata realizzata una piazzola di atterraggio che permette a questi aeromobili di atterrare a Monteviasco.

Un paese che fino a qualche anno fa, prima del boom industriale del dopoguerra era ben popolato e viveva di agricoltura e pastorizia. Oggi queste attività permangono, anche se gli abitanti stanziali si contano sulle dita di una mano e si conoscono tutti tra loro. Non ci sono più bambini e le scuole sono chiuse da molto tempo, ma ci sono adulti e anziani che per affezione, per radici o per scelta, hanno deciso di continuare o di ritornare a vivere in questo piccolo paese, dopo qualche anno o una vita lontano dal luogo dove erano nati e avevano vissuto l’infanzia, luogo nel quale tornavano per trovare i genitori e i parenti anziani, magari per passare qualche giorno durante le vacanze estive.

Tra i residenti stanziali conteggiamo anche coloro che gestiscono il piccolo bar ristorante e circolo ricreativo che permette di mantenere la socialità all’interno del paese (socialità che è viva anche grazie alla messa nella grande chiesa parrocchiale, oggi sproporzionata rispetto agli abitanti effettivi del paese). Vi sono inoltre coloro che coltivano i pochi terrazzamenti ad ortaggi e asparagi, coloro che si occupano di tagliare la legna e tenere puliti i boschi, gli anziani che raccolgono i funghi durante la buona stagione e li conservano per consumarli poi in inverno, le donne del paese che si dedicano ai lavori di casa, al ricamo, all’uncinetto, alla lettura.

Il riscaldamento è con la legna che viene tagliata nei boschi e accatastata per l’inverno e viene accompagnato dall’uso del gas delle bombole (anche per  cucinare), che vengono portate a monte grazie a dei semoventi che ne permettono il trasporto nonostante le piccole viuzze del borgo.

C’è anche chi alleva capre, probabilmente per il latte e il formaggio che ne si può ricavare, e vive lontano dalle figlie che abitano a valle, ma se ne tiene in contatto con il telefono cellulare.

Il cellulare è l’unico lusso e l’unico mezzo di collegamento diretto e veloce con il resto del mondo, dal quale Monteviasco è separato e vive nella tranquillità e nel silenzio, ed è qui possibile contemplare la natura in ogni stagione e fare passeggiate nei boschi che circondano l’abitato.

Ci sono poi i turisti che si sobbarcano la fatica dell’ascesa al monte, lungo la mulattiera e, a volte, si fermano per qualche breve o lungo periodo di tempo e vanno ad abitare le seconde case, che sono vuote per il resto dell’anno. Ci sono anche coloro che vengono in giornata e ne approfittano di un buon pasto e del calore del Circolo, soprattutto in inverno, ma il paese è comunque meta di camminatori e ed escursionisti in ogni stagione.

La curiosità per Monteviasco poi è aumentata negli ultimi tempi, data la situazione che vive il paesino, e molti sono i giovani che guardano con interesse alla vita segregata cui sono costretti gli abitanti stanziali, che sembrano tuttavia, dal canto loro, vivere nel ricordo del tempo che fu e della maggiore socialità e comunione di intenti che si godeva in antico e sono memori delle tradizioni del paese. Nel documentario appare la centralità della Chiesa come luogo di aggregazione degli abitanti, con le funzioni liturgiche che scandiscono il corso dell’anno e l’importanza del cimitero come luogo di memoria di coloro che hanno qui vissuto e che ora riposano in esso. Il cimitero è meta dei tanti parenti che dalla valle salgono a visitare i propri morti e tengono vivo, anche in questo modo, Monteviasco, mantenendo il legame con le origini.

Molti sono, infatti, coloro che per lavoro hanno deciso di allontanarsi, scendendo al lago o andando anche più lontano, anche solo per motivi di studio, ma tanti hanno nel cuore il loro paese natale e cercano di tornarci quando possono.

Dalle immagini traspare la disillusione e la tristezza di una comunità che vede lentamente spegnersi, ma forse la nuova speranza è nei giovani che tornano alla montagna, ad una vita più vera, lontana dai lussi della città, una vita più a dimensione d’uomo, dove i legami si rinsaldano e non si è divisi pur abitando vicino. Una vita a contatto con la natura e secondo i suoi ritmi stagionali.

In questa direzione opere di narrativa come Le otto montagne di Paolo Cognetti  (e il recente film omonimo tratto dal romanzo, film attualmente nelle sale) indicano una direzione che tanto più è vera dopo l’esperienza della pandemia del Covid – 19 e il desiderio dei tanti cittadini di tornare alla natura e all’aria aperta, ritorno reso possibile e agevolato anche dallo smart working.

Forse l’ultima parola non è ancora detta e non sarà necessario chiedere di diventare ticinesi e svizzeri, come ipotizzato dagli abitanti di Monteviasco negli ultimi mesi del 2022, per sopravvivere e dare nuova linfa al borgo tra le montagne di confine.

Il documentario tratteggia con abilità la dimensione isolata del borgo, insistendo sulle figure degli abitanti che lo abitano e di coloro che lo vivono per turismo. Ne esce una raffigurazione a tutto tondo, con un velo di malinconia a fare da trait d’union al film.

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