Amori a prima vista: Brotherhood/Californie

Sunset Boulevard

(Taxidrivers.it)

Fortunatamente non risulta del tutto impossibile, almeno sulla base della personale esperienza, imbattersi nel ricorrere di una felice circostanza, veri e propri amori a prima vista all’interno dell’attuale produzione cinematografica, nello specifico scaturiti dalla visione di due film, incentrati entrambi su tematiche a me piuttosto care, inerenti a giovani personalità in crescita, alle soglie del turbinio adolescenziale o poco più avanti, circoscritte inoltre nel loro percorso formativo all’interno di determinate situazioni idonee ad influenzarne lo sviluppo, sia in positivo che in negativo, comportando una difficoltosa e dolorosa autodeterminazione nell’acquisire una concreta consapevolezza di sé e delle proprie possibilità. Le pellicole che hanno comportato i descritti slanci emozionali sono Brotherhood, per la regia di Francesco Montagner, anche autore della sceneggiatura insieme ad Alessandro Padovani, presentato nella sezione Cineasti del Presente al 74mo Festival di Locarno, dove ha conseguito il Pardo d’Oro e poi Californie, che…

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L´”inverno della vita” nel Mendrisiotto, raccontato dal regista Riccardo Ferraris – “Eri Tu” – regia di Riccardo Ferraris

fonte immagine: liberatv.ch

Scritto da Francesco Carabelli

Affascinato dal Mendrisiotto, da cui la mia famiglia paterna ha lontane origini, ho gradito il racconto documentaristico per immagini del regista Riccardo Ferraris, per il suo saper dosare i bei panorami (soprattutto della Valle di Muggio, valle che si incastra tra il lago di Como e quello di Lugano) e i racconti dei tre protagonisti di questo lungometraggio documentario, che possiamo assimilare ad un mediometraggio per la sua breve, ma non brevissima durata (circa 55 minuti).

Le storie dei tre anziani che si raccontano nel film si intersecano e mettono in luce come la vita nel suo scorrere sia un fare esperienza, conoscere gente e territori, sia rimanendo al proprio paese natale (Heimat), sia scegliendosi una nuova patria (zweite Heimat, parafrasando Edgar Reitz).

Sono i rapporti interpersonali, nati dalle nostre scelte a cambiare le nostre vite, come per esempio per Margherita Schoch, la decisione di spostarsi dopo le scuole professionali, sul finire degli anni ’50, dal Ticino a Zurigo, per diventare attrice e frequentare la migliore scuola di teatro della città la Schauspielhaus Zürich, dove conoscerà (e reciterà anche con) un giovane Bruno Ganz.

Una scelta di vita, non condivisa dai suoi genitori, che per lei sognavano una famiglia, un marito e dei figli.

Margherita Schoch, mette in luce come molto spesso gli uomini che si innamoravano di lei la vedevano solo come un oggetto da possedere per la sua bellezza e non come una persona con dei pensieri, dei sentimenti, delle aspirazioni.

Attraverso la sua vita da attrice ha cercato di far vincere la sua personalità, di contro agli stereotipi cui la vita molto spesso costringe il gentil sesso, alla cura della casa e della famiglia, reprimendo le proprie aspirazioni, magari anche solo per il bene dei figli e dei propri cari in genere.

Diversa la vita di Gianfranco Cereghetti, molto noto a Muggio, e figura storica del municipio e della parrocchia, che con la sua attività ha conservato tradizioni secolari e con l’amore per la famiglia e il suo paese ha perpetrato la storia di una valle, con le sue fontane e i suoi mulini, facendo anche da guida alle tante scolaresche che visitano la valle. Oggi Gianfranco si gode la meritata pensione, viaggiando sulle strade della valle con la moto del fratello morto in gioventù, con il quale tramite il suo motoveicolo, non ha mai smesso di parlare, e concedendosi il piacere di un bianchino o di una buona birra in compagnia degli amici di sempre al bar del paese. Forte il ricordo dei tanti che ora riposano al cimitero e che lui ha conosciuto e stimato nella sua lunga esistenza e dai quali torna ogni tanto per un saluto o per mettere un fiore alle loro tombe.

Diversa la vita di Franco Lurati, originario di Como, ma vissuto a lungo in Canton Ticino, dove ha dapprima lavorato in banca e dove poi ha aperto un’azienda fiduciaria, lavoro per il quale ha spesso viaggiato in Sudamerica, finendo per conoscere molto bene il Brasile e l’Argentina, dove ha vissuto per lunghi periodi, tornando però molto spesso in Svizzera, dove oggi vive la sua pensione coltivando e curando più di 4500 piante di vite tra Morbio Superiore e Arzo, sotto il Monte San Giorgio, vicino al confine con l’Italia.

Il Sudamerica lo ha stregato e parla correttamente sia il portoghese che lo spagnolo, ama le culture sudamericane e le loro musiche, che ogni tanto canta in ricordo dei bei tempi in cui possedeva grossi appezzamenti di terra in quel lontano continente, meta di tanti italiani e svizzeri italiani, sia in un lontano passato sia in tempi più recenti.

Di quel continente ha apprezzato così tanto la popolazione che ha deciso di adottare anni fa una bambina colombiana che è diventata sua figlia e che ora vive con lui e la moglie, bambina oggi ormai diventata donna.

Vite di sacrificio, vite di avventura, vite di emancipazione, accomunate da una voglia di crescere e diventare quello cui si aspirava essere. Oggi si è orgogliosi di aver fatto quelle esperienze, pur vivendo l’inverno della vita e cercando di godere degli anni che Dio ci concederà di trascorrere ancora su questa terra assieme ai nostri cari.

Il regista costruisce il proprio documentario alternando le tre storie, dividendo il film in sei blocchi, che si distinguono anche per il formato usato: in alcuni casi il 16:9, in altri il 4:3.

Il film si chiude con la bella canzone di Edoardo Elia, che accompagna i titoli di coda sulle strade della Valle di Muggio.

Il film è stato presentato in anteprima a Mendrisio lo scorso 22 aprile presso il cinema Ciak.

Si tratta del secondo film lungometraggio del regista, dopo che con il primo, The War in Between, aveva vinto la sezione ExtraDoc del Festival del Cinema di Roma nel 2017.

A Declaration of Love

Sunset Boulevard

Come una risalita precipitosa dalle acque profonde in cui ci si è trovati improvvisamente immersi, così nella mente di Curtis McCarty riaffiorano, in rapida successione emotiva, dolorose rimembranze della propria esistenza, da una giovinezza vissuta senza particolari privazioni all’interno della classica “buona famiglia media americana”, caratterizzata per lo più da numerosi spostamenti verso diverse basi militari, essendo il padre nell’esercito, fino alla scoperta di un’inclinazione nei riguardi della dipendenza da droga, scevra da moderazione, conoscendo, più di una volta, l’umiliazione dell’arresto “per aver commesso qualcosa di stupido”. E poi ecco arrivare quel brutto giorno del 1982, il fermo con l’accusa di aver stuprato e ucciso l’amica Pamela, fino al processo conclusosi con la dichiarazione di colpevolezza da parte della giuria e conseguente condanna alla pena capitale. Era il 1985 e sarebbero trascorsi 22 anni, 19 dei quali all’interno del braccio della morte, rinchiuso nel penitenziario statale di Oklahoma City, prima…

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Eri tu

Sunset Boulevard

(laRegione)

La vita di un uomo è legata a tante altre vite e quando quest’uomo non esiste lascia un vuoto”, la frase pronunciata dall’angelo Clarence Odbody (Henry Travers) nel rivolgersi ad un disperato George Bailey (James Stewart) in una sequenza del classico di Frank Capra It’s a Wonderful Life (1946), è riaffiorata dai meandri dei miei ricordi cinefili durante la visione del bel documentario diretto da Riccardo Ferraris (The War in Between, 2017, suo esordio alla regia), così come l’idea a me cara del passato considerato non in guisa di pesante zavorra, bensì di congrua memoria relativa alle esperienze fatte, positive o negative, dalle quali attingere per vivere al meglio il presente, in particolare una volta che si sia raggiunta la consapevolezza di essere giunti in prossimità del capolinea, ora concreto futuro a cui volgere lo sguardo. Ferraris circoscrive attraverso l’obiettivo della macchina da…

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Catherine Spaak, il disarmante fascino di una eleganza naturale

Sunset Boulevard

Catherine Spaak (Biografieonline)

Il mondo dello spettacolo, da lei attraversato, alternando cinema, musica e televisione, in virtù di una disarmante eleganza, suffragata da un fascino smaccatamente naturale, forte di uno sguardo ed un sorriso entrambi enigmatici ma propensi ad esprimere un alto tasso di seduzione nel dare adito ad una concreta femminilità, dà il suo addio a Catherine Spaak, morta ieri, domenica 17 aprile, a Roma. Nata a Boulogne-Billancourt (Île-de-France) nel 1945, papà, Charles, sceneggiatore e mamma, Claudie Clèves, attrice, Catherine Spaak, dopo il cortometraggio L’hiver ( Jacques Guatier, 1959), debuttò ufficialmente sul grande schermo l’anno seguente, una piccola parte ne Le trou (Jacques Becker), conseguendo la grande popolarità subito dopo grazie ad Alberto Lattuada, che la volle protagonista di Idolci inganni, rendendola icona adolescenziale per le ragazzine dell’epoca, che ne imitarono la pettinatura e il trucco, oltre a fornire un prototipo, segno dei tempi in…

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