La concretezza

Leggevo nei giorni scorsi un breve saggio di Milan Kundera (Praga, poesia che scompare, Adelphi 2024, 102 pagine) che mi ha ricordato come molto spesso la filosofia occidentale, nonostante tutti suoi sforzi ha dimenticato l’apporto dato dai piccoli popoli europei, come appunto i cechi, un apporto tuttavia non secondario a dire di Kundera che rimarca i legami tra un approccio concreto al mondo e lo strutturalismo che dalla piccola repubblica slava, ma non per questo orientale per cultura, si è diffuso grazie a studiosi locali fino in Francia dove ha preso piede e si è sviluppato.

Non avendo fatto degli studi specifici su questa corrente di pensiero, quello che mi affascina dalle poche parole dello scrittore ceco è un approccio diverso alla realtà, non tanto tramite idee che tendano a coglierne solo l’essenza o tendano a schematizzare la realtà, quanto un approccio che colga la realtà nella sua interezza e nella sua concretezza. Kundera porta l’esempio della musica di Janacek, che tenta di sviluppare delle sonorità che colgano la realtà della natura nei suoi particolari andando oltre le sonorità standardizzate della musica classica.

Cogliere la concretezza delle cose vuol dire non coglierne solo la superficie ma accettare la realtà nella sua completezza non dimenticandone né la materialità né la spiritualità ma facendo convivere e coesistere le diverse dimensioni nel concreto che viviamo e con cui veniamo a confrontarci quotidianamente. Sicuramente un approccio sano che supera il dualismo cartesiano e che in certo qual modo ci ricorda un approccio trascendental-pragmatico in cui l’azione concreta invera il puro pensiero, un approccio forse più artiginalale e meno scientifico, ma che a mio parere non è solo della cultura ceca, ma che è tipico della nostra italianità, capace di grandi realizzazioni concrete, dove il pensare non è scevro di un agire artigianale che si confronta con la concretezza della realtà in una dimensione storica (ricordiamo qui l’apporto del pensiero vichiano).

Ripartire da qui per apprezzare le diverse componenti del nostro essere, in cui i sensi non sono secondari rispetto al puro pensiero, ma ci alutino a confrontarci meglio con il mondo e ad interagire con esso e ci ricordano la nostra dimensione incarnata di uomini.

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