Chevalier

fonte immagine: MYmovies.it

Chevalier – Grecia/Germania 2015 – di Athina Rachel Tsangari

Commedia/Drammatico – 105′

Recensione di Emanuele Marazzi

Designato dalla Grecia all’Oscar® per il Miglior Film Straniero, il film è stato sceneggiato da Efthymis Filippou, candidato al Premio Oscar® per “The Lobster” nel 2017 e autore delle sceneggiature di “Dogtooth” (2009), “Alps” (2011, Premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Venezia) e “Il sacrificio del cervo sacro” (2017, Premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes) scritte insieme a Yorgos Lanthimos. Dietro la macchina da presa una delle cineaste di spicco della nouvelle vague ellenica, Athina Rachel Tsangari, già produttrice del primo film di Lanthimos “Kinetta” (2005) e produttrice associata di “Dogtooth” (2009). 

Sinossi:

Nel mezzo del mar Egeo, sei uomini di ritorno da una battuta di pesca su uno yacht di lusso decidono di intraprendere un gioco. In una gara di continui paragoni senza regole e senza limiti, gli amici iniziano a giudicarsi su una serie di abilità e caratteristiche per eleggere infine il migliore tra loro. Così si interrogano su ricette o sui valori del colesterolo, si danno voti su come camminano, come si vestono, come dormono, si mettono alla prova nel canto, nelle immersioni subacquee, fino a giudicare le prestazioni fisiche più personali. Alla fine del gioco e del viaggio, il migliore si potrà aggiudicare l’anello della vittoria, lo “Chevalier”.

Recensione:

Lo sguardo femminile sul mondo maschile. La visione della regista sui comportamenti tossici degli uomini, continuamente in gara l’uno con l’altro per stabilire chi sia il migliore, non importa quanto stupida o inutile sia. Una sfida di dettagli, di posture notturne, che arriva a scandagliare ogni possibile atteggiamento e modo di essere degli sfidanti. 

Una satira che posa l’occhio sul corpo e le relazioni maschili, spesso risultanti in competizioni inutili e fini a sé stesse, con il solo scopo di apparire migliore degli altri partecipanti. Proprio l’apparenza è il centro della narrazione del film. Iniziato come un semplice gioco tra amici, la sfida sfocia sempre più nella mera dimostrazione ed esaltazione di sé, in una ridicola fiera dell’egoismo e della vanità più becera. 

Uomini di diversa estrazione sociale ed età che accettano tutti di partecipare a questa gara a chi è il “migliore in generale”, difatti diventa una rappresentazione di tutto ciò che si può vedere di sbagliato e futile nel comportamento umano, una gara per incarnare meglio di altri lo stereotipo del maschio forte, virile e che tutto può, anche e soprattutto a discapito di chi ha intorno. 

Tolta la maschera da persone perbene, tutti si calano nella parte per cercare di prevalere. Con un taccuino e una penna in mano giudicano per tutta la durata della loro permanenza sulla vita la condotta degli altri a bordo. Come dormono, cosa indossano, come parlano, che parole usano, e così via. Al vincitore va l’anello del Cavaliere, come simbolo del maschio dominante. 

Nessuno dei personaggi è amabile, né si punta a farli piacere al pubblico, ed il succo è proprio quello. Nel gioco delle apparenze si vuole distruggere tutti, e tutti puntualmente vengono distrutti. In una gara per il predominio ciò che rimane indietro è il rispetto per sé stessi e per il prossimo, tutto in nome del riconoscimento di miglior maschio del gruppo. 

Questo è ciò che traspare, la volontà della regista di tirare fuori con estrema forza e precisione tutti i lati più narcisistici ed egoistici dell’uomo, smascherando ogni falsa modestia che cela, in realtà, la volontà di essere “migliore in generale”.

Voto: 8

 

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