Un incontro a Colonia

foto di Francesco Carabelli

Racconto di Francesco Carabelli 


Era una tiepida estate tedesca. Il sole di Colonia non era caldo come al sud, da noi in Italia, più di 800 km ci sono infatti tra Colonia e Milano, 800 km che significano un clima ben diverso, oltre naturalmente la cultura, anche se la città è in qualche modo legata all’Italia, essendo stato appunto fondata come Colonia Agrippina al tempo dei romani. Il legame con Milano è poi forte perché nel Duomo di Colonia riposano le reliquie dei Re Magi, che sono transitate anche da Sant’Eustorgio a Milano, basilica originariamente fondata in epoca tardoimperiale quando Milano era capitale dell’Impero romano di Occidente.

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Il Duomo di Colonia è un’imponente chiesa la cui costruzione iniziò attorno al 1200 ma fu completato dopo diverse vicissitudini solo dopo l’unificazione della Germania nella seconda metà del XIX sec, per ironia della sorte con capitali prussiani (evangelici).

Per alcuni anni fu l’edificio più alto di Germania e del mondo grazie alle sue svettanti torri campanarie.

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Ecco, mi trovavo a Colonia per approfondire le mie conoscenze della lingua tedesca, approfittando del viaggio per conoscere la città.

Ho un ricordo ancor vivo di quei giorni, oggi dopo quindici anni, per le tante conoscenze per i tanti luoghi visitati, per il confronto con un’emigrazione italiana storica in quei posti. A pochi km da Colonia vi è infatti un grosso sito produttivo del gruppo Ford in Europa e tanti erano gli italiani che erano emigrati lì per lavorare nella fabbrica e nell’indotto oltre ai tantissimi emigrati occupati in attività di gastronomie e ristoranti. Quanti pranzi a poco prezzo in trattorie o colazioni in bar gestiti da italiani. Un mondo parallelo a quello tedesco, ma non per questo in conflitto, bensì molto integrato con la presenza di un consolato e di scuole italiane tra cui anche un liceo.

Vivevo nel quartiere sud, prendevo il metro tram per spostarmi nella città, ma molto spesso mi muovevo anche a piedi perché era bello conoscere la città passeggiando nel verde e costeggiando il Reno fino al Centro e alla Cattedrale.

Vicino casa mia (vivevo presso una famiglia come pensionante) c’era il museo del cioccolato legato ad una vecchia fabbrica che era poi stata assorbita da un grande gruppo svizzero, che aveva appunto dato nuova linfa alla produzione e aveva dato vita a questo museo al cui interno era stato ricreato un ambiente equatoriale per permettere la crescita delle piante del cacao per far conoscere ai visitatori tutto il ciclo produttivo dal frutto alle tavolette di cioccolato.

Ero anche a due passi dal porto sul Reno, dove passavo le mie serate passeggiando e partecipando alla vita del quartiere. C’era infatti un cinema all’aperto dove davano film tedeschi e internazionali. Ci si poteva sedere su una scalinata lungo le rive del fiume e i film venivano proiettati su un telo che si affacciava sul porto.

Ricordo di aver camminato per km. A volte la sera andavo nel quartiere più moderno a nord Ovest della città dove era sito il centro di produzione televisiva (Colonia è notoriamente un importante centro per i media televisivi, sede del gruppo RTL e sede della tv statale del Land Nord-Reno Westfalia, ovvero la WDR di cui ebbi la fortuna grazie alla scuola di poter visitare gli studi radiofonici) e dove c’erano molti cinema e teatri. Li ebbi l’occasione di vedere alcuni film ancora non usciti in Italia e di partecipare a dei Cabaret tedeschi in un Wohnzimmer Theater, ovvero un teatro simile a un salotto per le sue piccole dimensioni.

Non mancavano le occasioni sociali con i compagni di corso e i giovani professori della scuola ove studiavo tedesco: party all’aperto nei parchi di Colonia, serate sulle piste da Kegeln, una specie di bowling in salsa teutonica, che si gioca negli scantinati delle Kneipen (taverne), sorseggiando un Koelsch, la birra locale prodotta in città e servita in bicchieri da 20 cl, fatto per il quale gli abitanti di Colonia sono spesso oggetto di scherno da parte di tutti gli altri tedeschi, abituati a bere birra in grossi boccali (penso all’Oktoberfest e alle tante feste di paese a cui ho partecipato in territori germanofoni).

Mi divertivo a conoscere la città, ad andare di museo in museo, tra cui ben ricordo il Museo Ludwig, famoso per la sua raccolta di Picasso, il Museo di storia romano tedesca e il Museo del Duomo. Colonia è anche la città dell’omonimo profumo (l’acqua di Colonia) che si diffuse in tutta Europa e nel mondo grazie a degli italiani originari della Val Vigezzo (in un articolo dedicato a quella valle ne ho accennato).

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In quei giorni ebbi una guida personale alla città in un ragazzo di Colonia di professione veterinario, con cui facevo esercizio linguistico, insegnando a lui in cambio l’italiano. Mi fece visitare alcuni locali tra cui appunto il teatro di cabaret e mi portò a fare una crociera notturna sul Reno, esperienza quest’ultima senz’altro molto interessante, per un varesotto abituato ai laghi e alla navigazione su di essi.

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Ma ricordo bene tutti i ragazzi e le ragazze che frequentavano con me la scuola, che venivano un po’ da tutto il mondo: dalla Spagna, dal Venezuela, dalla Russia, dalla Svizzera ma anche dall’Italia.

Ebbi modo di conoscere una ragazza italiana, molto simpatica, che conosceva bene la città, avendovi soggiornato come ragazza alla pari e come studentessa più di una volta.

Ho bene impresso un ricordo di lei. Un giorno, tornando da una gita pomeridiana in solitaria dai quartieri ad est di Colonia (Deutz), quelli oltre il Reno dove ci sono parchi, una bella torre panoramica e anche la stazione est di una cabinovia che collega le due sponde del fiume, dicevo, in una città di quasi un milione di abitanti, senza che ci fosse un motivo e senza che ci fossimo dati appuntamento, ci trovammo sul metro, un caso fortuito quelli che potrebbero essere una buona base per scrivere una sceneggiatura o un romanzo, magari di una storia di amore.

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In quel caso fu solo un rapido sguardo, un accenno di sorriso, un saluto con gli occhi, ma ricordo ancora quell’incontro come se fosse ieri. Sarah, così si chiamava la ragazza, mi aveva suscitato simpatia per il suo essere alla mano e molto aperta e disponibile al confronto. Viveva sola a Colonia presso una famiglia.

Aveva lavorato a Milano presso una grande multinazionale tedesca nel settore  metallurgico e aveva bisogno di conoscere meglio la lingua, per motivi di lavoro e aveva approfittato proprio come me dell’estate per farlo.

Ricordi di gioventù che affiorano in un caldo agosto dopo più di 15 anni ma dicono che forse altrove è possibile rifarsi una vita, lontano dagli affetti di casa, lontano dallo stress lavorativo, lontano dal giudizio talvolta insopportabile della gente che ti conosce e che molto spesso ti evita.

La Germania rimane la mia patria elettiva, la mia zweite Heimat e Colonia ha un posto importante nel mio cuore!

 

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