Io e il Secco

IO_E_IL_SECCO_locandina_2024Italia/Croazia, 2023 – Regia di Gianluca Santoni – Commedia/Drammatico, 100’. Fonte immagine: Ufficio Stampa. Recensione di Antonio Falcone

Riviera Adriatica, giorni nostri. Maria (Barbara Ronchi) si presenta al pronto soccorso con varie escoriazioni in viso e un polso fratturato. Sostiene di essere scivolata più volte sul tappeto del bagno, cercando così di sviare i sospetti del medico che la sta visitando. La verità è ben altra, come sa il figlio Denni (Francesco Lombardo), che osserva in sofferente silenzio i continui litigi tra i genitori. Il  padre Fabio (Andrea Sartoretti), infatti, imprenditore non del tutto onesto, sfoga violentemente rabbia e frustrazioni sulla moglie, percuotendola. Il bambino subisce le conseguenze del malsano clima familiare, ricerca la complicità della madre, mentre rifugge dall’identificazione con la figura paterna, tanto da arrivare, sostenuto dalla fervida immaginazione, a progettarne la morte, magari assoldando un killer professionista. L’idea gli sovviene parlando con l’amica Eva (Zoe Trevisan), che si vanta di avere un cugino particolarmente abile al riguardo. E così Denni, sottratta una somma di denaro dalla cassaforte del padre, andrà a conoscere il Secco (Andrea Lattanzi), spiantato ladruncolo trentenne che vive all’estrema periferia, in un appartamento del complesso edilizio noto come Cementone, insieme al fratello Guido (Alessandro Bernardini), il quale è finito in carcere proprio a causa sua, una volta perso il controllo nel corso di una rapina. Lo sbandato promette quindi a Denni di aiutarlo, nell’obiettivo d’impossessarsi in qualche modo dei soldi, ma presto gli eventi prenderanno una piega inaspettata…

Considerando come quasi mai, con poche eccezioni, il nostro cinema riesca a porre in scena delle storie idonee a coinvolgere un pubblico giovanile, prendendone a cuore, al di là di ammiccamenti e carinerie, quelle problematiche ed aspettative proprie di quanti si trovano ad affrontare un spesso accidentato percorso di crescita che li porterà ad essere gli adulti di domani, è certo da ritenere quale benvenuta l’opera d’esordio nei lungometraggi del regista Gianluca Santoni, Io e il Secco, che ne ha curato anche la sceneggiatura insieme a Michela Straniero. Presentato, in Concorso, alla 21ma edizione di Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata ai giovani, alla scoperta del talento e agli esordi, dove ha conseguito la Menzione Speciale The Hollywood Reporter Roma uno sguardo sul futuro per la regia (il soggetto nel 2017 aveva ricevuto il Premio Solinas), il film riesce a combinare ironia e dramma, andando a visualizzare nella narrazione complessiva un particolare connubio tra il buddy movie e un insolito racconto di formazione a doppio binario. Quest’ultimo però, personale sensazione, non sarà identificativo di una vera e propria crescita, bensì apportatore di una comunque opportuna presa di coscienza riguardo la capacità di far fronte ad un determinato stato delle cose, andandovi ad innestare quegli adattamenti idonei a consentire il mantenimento della propria personalità.

Mi ha particolarmente colpito la modalità registica nel rendere tangibili violenza e sopraffazione senza ricorrere a visualizzazioni morbose o volte al pietismo retorico, bensì restituendole alla visione di noi spettatori  filtrate dallo sguardo di Denni, ottimamente reso dall’esordiente Francesco Lombardo, ora esprimente rabbia a stento repressa, ora il desiderio di dare e ricevere affetto, ricorrendo spesso alla fantasia quale congrua panacea nell’ovviare a tutto ciò che non va, come, ad esempio, la rivalsa nei confronti di alcuni coetanei che gli hanno sottratto la bicicletta. L’incontro tra il bambino e il ragazzone, Andrea Lattanzi ad alta resa immedesimativa, mette in scena un suggestivo gioco di specchi, considerando come il primo veda nel secondo una inedita figura di riferimento, mentre il Secco acquisisce gradualmente una inedita percezione di sé proprio attraverso la considerazione che Denni ha nei suoi confronti, andando quindi a maturare il sentore di quel senso di responsabilità che finora è mancato nella sua vita, sia nei riguardi dei familiari che di Marta (Swamy Rotolo), la ragazza che ha lasciato dopo averla messa incinta. Intensa anche la prova recitativa di Barbara Ronchi nel raffigurare una donna che, in nome di un amore da lei mantenuto idealmente puro, opta per la sommessa rassegnazione, fino a quando anche l’ultimo velo di mera illusione andrà a cadere.

Un ruolo importante nel rendere Io e il Secco una realizzazione per molti versi piacevolmente insolita all’interno del nostro attuale panorama cinematografico, pur se a volte sconta qualche leggerezza a livello di sceneggiatura (in particolare un certo affanno nel volgere al finale, a mio avviso), lo giocano poi la colonna sonora curata da Dade (Davide Pavanello), con Sere nere di Tiziano Ferro ad assumere le sembianze portanti di un’inedita nenia consolatrice per madre e figlio e la brumosa fotografia di Damjan Radovanović. Quest’ultima coglie le tonalità di una riviera romagnola lontana dagli scintillii estivi, avvolgendola nell’aura propria di un “non luogo”, del tutto correlato ai personaggi e reso tale dal perpetrare della violenza, cui opporre la consapevolezza della propria individualità, per ritrovare infine nella cooperazione la reciprocità di un rapporto concretamente umano. Un film Io e il Secco che fa ben sperare in un cinema italiano “altro”, capace di guardare in faccia la realtà pur nel trasmutarne la narrazione nelle forme di una favola gentile, idonea a parlare a giovani e adulti con il linguaggio diretto e sincero proprio degli “affetti speciali”.

Voto: 7

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