
The Straight Story – Francia/Regno Unito/Stati Uniti 1999 – di David Lynch
Biografico/Drammatico – 112′
Scritto da Francesco Carabelli (fonte immagine: mymovies.it)
La storia di due fratelli e di un viaggio per rincontrarsi, un viaggio anomalo che ci sorprenderà…
E’ un film che ti avvolge questo di David Lynch, lontano dal surrealismo di altre pellicole che lo hanno imposto sulla scena internazionale. Una storia semplice, ma ricca di sentimenti, di umanità, mai banale. La storia di Alvin che per visitare il fratello malato decide di intraprendere un lungo viaggio dallo Iowa al Winsconsin con l’unico mezzo di locomozione a motore di cui è in possesso: un tosaerba. Un viaggio lungo e ricco di incontri, di gente pronta ad aiutarlo e a sostenerlo in questa avventura. L’opera di Lynch è una riflessione sulla vecchiaia, sulla memoria, sulla condivisione della stessa. Molti dei protagonisti della storia sono ultrasettantenni i quali vivono la loro vita, non dimenticando il senso di comunità, tenendo vivo un forte senso di solidarietà, nella memoria del tempo che fu, dell’esperienza comune della guerra mondiale e del male e del dolore che questa portò. Quello che colpisce visivamente in questa pellicola è una fotografia studiata nei minimi particolari, con movimenti lenti della macchina da presa, zoom lenti, quasi a ripetere visivamente la lentezza del mezzo di locomozione scelto dal protagonista Alvin Straight. Vi è poi un uso molto bello delle dissolvenze in nero, utilizzate a cesura, alla conclusione dei vari momenti che compongono la storia di Alvin, parentesi nel colore che invade lo schermo. La natura ha un ruolo importante nella pellicola. I campi infiniti di granturco, i prati, il cielo, le stelle nella notte, gli animali, creano una poeticità particolare che commuove, come commuove l’incontro finale con il fratello malato, Lyle, interpretato qui dal grande Harry Dean Stanton (già interprete di Paris, Texas di Wenders). Questo finale come altri passi del film ci fa riflettere con profondità sul sentimento di fratellanza, sull’essere fratelli e su ciò che questo significa: l’avere condiviso gli anni più belli, il momento della crescita, della presa di coscienza del mondo. Vi è poi una riflessione sul senso di famiglia, di origine, di comunanza completa e disinteressata che solo rende possibile il futuro. Da segnalare le grande prove di Richard Farnsworth, che qui interpreta Alvin, (prova che gli valse una nomination all’Oscar, lui che per molto tempo non era stato altro che uno stuntman) e quella di Sissy Spacek, che interpreta la figlia con problemi psicologici di Alvin. Un Lynch diverso, un Lynch familiare, un Lynch che guarda le sue origini agresti e che ci dà uno spaccato dell’America che meno conosciamo, quella contadina dei grandi stati centrali. Un film che fa riflettere senza pretendere, che commuove senza retorica, che guarda alla realtà con fiducia.
Voto: 8
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