Titane

Titane – Francia/Belgio 2021 – di Julia Ducournau

Drammatico/Thriller – 108′

Scritto da Enrico Cehovin (fonte immagine: comingsoon.it)

Un incidente di macchina fa sbattere violentemente la testa alla piccola Alexia. Una lunga e invasiva operazione che le lascia un’evidente cicatrice sopra l’orecchio destro la rimette in sesto: ora una piastra di titanio tiene insieme il suo cranio.

Ritroviamo Alexia (Agathe Rousselle) ormai adulta, ballerina da fiere automobilistiche. Un pessimo rapporto in famiglia, una serie di efferati omicidi che la vede protagonista attiva la costringono a scappare, a sfalsarsi esteticamente e fingersi il figlio, scomparso da anni, di Vincent (Vincent Lindon), pompiere tossicodipendente.

Prendere o lasciare, Titane è un film difficile da interpretare in tutti i suoi suoi tratti – svolte omicide, autoinganni senza svelamento, relazioni affettive indecifrabili – fatta eccezione per la costante di emanare una propensione alla fluidità (di genere) e a un’incondizionata accettazione della diversità. Una follia non programmatica, libera (da qui la fluidità anche nella forma), uno sfogo visivo rapsodico e puro, manifestazione artistica incontrollata e potente, manifestazione estetica di sensazioni ribollenti.

Rispetto a Raw, l’opera prima di Julia Ducournau che mette in scena sotto forma di cannibalismo le pulsioni erotiche volte alla carne, si perde in compattezza narrativa ma si guadagna in forza espressiva tra un amplesso con un’automobile, una lunga catena di efferati omicidi sulle note di Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselli, e pompieri che faticano a tenere a bada le fiamme.

Ancora una volta pulsioni e sfoghi, questa volta con ancor più libertà.

“Grazie di aver lasciato entrare i mostri.” dice alla giuria Julia Ducournau nel ringraziamento di accettazione della Palma d’Oro evidenziando il principale tratto in comune alle due opere: l’accettazione del mostro (interiore).

I riferimenti sono talmente tanti – sì, Crash di Cronenberg; sì. Christine di Carpenter; sì, Refn – da non esserne un derivato riconducibile al citazionismo; sono piuttosto un distillato – ancora una volta la fluidità! – di cui si riconosce il sapore dei frutti alla base della ricetta (non a caso Ducournau, nel ringraziamento di accettazione della Palma d’Oro conferitagli dalla giuria guidata da Spike Lee sottolinea, rivolgendosi al presidente di giuria, “Non sai quanto del tuo cinema ci sia in Titane.” e non si fatica a crederle).

Una Palma d’Oro importante, non solo perché Julia Ducournau, alla sua opera seconda, entra nella storia diventando la seconda donna ad essere insignita del premio, ma perché è un Palma d’Oro che torna a premiare il gesto (per confronto: al 74° Festival di Cannes è stato presentato anche Drive My Car di Ryosuke Hamaguchi, capolavoro sotto ogni aspetto dal punto di vista del controllo). E quello di Julia Ducournau è un gesto estremo che con il conferimento della Palma d’Ora la porta a passare da erede a portavoce del Nuovo Estremismo Francese.

Voto: 7

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